Sammezzano lo conoscono quasi tutti. È il castello in stile orientalista più famoso d’Italia e d’Europa, le fotografie dei suoi interni strabilianti sono comparse su riviste, libri, e spopolano sul web. Castello e tenuta si trovano a Leccio, una piccola frazione di Reggello, in Toscana. Ci arriviamo stremati dal caldo torrido di agosto, sapendo perfettamente che potremo ammirare solo l’esterno dell’edificio ed il parco.

In rare occasioni negli anni passati è stato concesso di visitare gli interni su prenotazione, ma purtroppo la vicenda burocratico-finanziaria del castello – che poi narreremo – ha impedito questa preziosa chance. Le indicazioni non abbondano, del resto il luogo è chiuso, che bisogno dovrebbe essercene? Lasciamo l’auto sotto agli ulivi e ci incamminiamo avvolti dall’ombra delle grandi piante del parco – 50 ettari di parco storico. Il castello in origine non era affatto un castello: si trattava di una classica villa toscana, una tenuta di caccia in epoca medicea, e deve la sua trasformazione a Ferdinando Ximenes d’Aragona che ne venne in possesso nell’800.

Gli Ximenes divennero padroni della tenuta già nel 1605, sino alla metà dell’800 nessuno si sognò di stravolgere l’aspetto tradizionale della villa. Ma il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona era un uomo eclettico, ricco ed affascinato dallo stile orientalista che si andava diffondendo in Europa: la sua grande cultura e le sue numerosi passioni guidarono il progetto di ristrutturazione di Sammezzano. Progettò interni che richiamassero molti dei principali e più spettacolari monumenti esotici, dal Taj Mahal all’Alhambra, utilizzando materiale realizzato tutto in loco da personale appositamente formato. Giochi di luce e colori dominano la scena dentro a stanze e corridoi, con abbondanza di motti latini, spagnoli, ed altri riferiti al tempo contemporaneo di Ferdinando; a dimostrazione del suo gusto per l’eclettismo.

Furono edificati nuovi corridoi e nuove stanze, la Sala d’ingresso nel 1853, nel 1862 il Corridoio delle Stalattiti, la Sala da Ballo nel 1867 e la Torre centrale nel 1889. Non vogliamo dilungarci nella descrizione delle meraviglie del castello, perché già molti prima e meglio di noi lo hanno fatto: l’associazione Save Sammezzano ad esempio, al cui sito vi rimandiamo per un viaggio virtuale nelle sue meravigliose stanze a questo link: http://www.savesammezzano.com/

A noi interessa invece infilare il dito nella piaga, un po’ come sempre; andare a vedere come mai cotanta meraviglia se ne stia chiusa a proseguire il suo degrado mentre mezza Italia desidererebbe poterla visitare. Procediamo, dunque: morto il visionario Ferdinando nel 1897 la proprietà passò nelle mani della figlia, la quale fece traslare le salme del padre e degli antenati della famiglia nel vicino Sepolcreto recentemente ristrutturato (grazie ai soldi ed alle donazioni raccolti dalle associazioni).

Vari passaggi di proprietà, poi la guerra: il castello viene depredato dai Nazisti, poi requisito dalle truppe alleate. Nel 1955 i proprietari cedettero tramite atto di compravendita la tenuta ed il Castello alla società Sammezzano S.R.L., che nel ’70 ottenne la concessione edilizia per la trasformazione del castello in ristorante ed hotel di lusso. Di questa parentesi sono ancora visibili alcuni resti, ad esempio nella piccola pertinenza esterna che era stata adibita a bar.

Purtroppo nel 1977 dalla Soprintendenza e dal Comune venne dato il permesso di costruire nel Parco un’immensa struttura alberghiera, ma la Procura della Repubblica su istanza di Italia Nostra bloccò l’opera: oggi rimane uno scheletro di cemento armato a dir poco degradato ed obbrobrioso, a due passi di numero da cotanta bellezza. Fino al 1990 il Castello venne utilizzato per cerimonie e set cinematografici.

Chiuse poi i battenti e cominciò a cambiare proprietà: di mano in mano tra fallimenti e progetti abortiti, oggi siamo al punto in cui formalmente la società proprietaria è la Sammezzano Castle SRL, appena uscita però da un fallimento che era stato decretato nel 2017 dal tribunale di Arezzo.

Sino a fine 2019, quando la Sammezzano Castle è uscita dal fallimento, si è assistito ad aste deserte e ad una che ha visto una società degli Emirati Arabi contendersi il Castello con la Kairos, società che aveva già acquistato molti dei crediti che banche ed altri enti vantavano nel confronti della fallimentare Sammezzano Castle. Alla Kairos, che aveva vinto il ricorso, fu affidata la custodia provvisoria del bene con alcuni urgenti interventi di restauro da fare. Custodia poi tolta e data al curatore fallimentare, i lavori di restauro fermati di nuovo. Nel frattempo, prima che venissero posizionati sensori e telecamere, dal castello era sparito di tutto.

Due aste deserte, poi la “ripresa” della Sammezzano Castle che sinora non si è capito che intenzioni abbia. Complessivamente, ben vent’anni esatti di abbandono e degrado ben celati dietro aste, burocrazia, curatori, procedimenti… Dietro tante parole insomma, e non tutte buone e genuine come quelle delle varie associazioni che si sono strette attorno a Sammezzano ed hanno combattuto per il suo futuro. Persino il FAI congelò i 54.000 euro destinati al Castello, vincitore dei Luoghi del Cuore, per via delle controversie sul suo stato di proprietà. Sammezzano è l’esempio emblematico del fatto che anche quando tutti gli Enti possibili ed immaginabili sono stati convocati, informati, sollecitati – si resta in realtà ancora fermi, con gli anni che nel frattempo passano e i costi del recupero che lievitano. Chi può salvare Sammezzano, se nemmeno lo Stato lo sa fare?
