La Valtellina dimenticata: il sanatorio di Prasomaso.

A Prasomaso, località sopra il paese di Tresivio – in Valtellina – posta a circa 1200 metri sul livello del mare, non c’era neanche la strada agli inizi del secolo. Ebbene sì, arrivava all’epoca solo fino alla frazione sottostante: gli otto chilometri necessari per congiungere Prasomaso col resto del mondo furono costruiti – e finanziati – dalla Società per i sanatori popolari di Prasomaso, che realizzò sia  la strada da Sant’Antonio a Prasomaso sia quella che permetteva alle carrozze di giungere al sanatorio da Tresivio in carrozza.

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Erano anni in cui la tubercolosi faceva davvero paura. Tre lettere sufficienti a far mancare il fiato: TBC. In fase pre-antibiotica, al malato di tbc non si sapeva sostanzialmente cosa prescrivere – se non un radicale cambiamento delle condizioni di vita: elioterapia, riposo, miglior cibo, miglior contesto climatico. Non si sottovaluti l’impatto di tali elementi in anni in cui tutto questo rappresentava quasi sempre un lusso, una pausa – seppur forzata – dal faticoso e durissimo lavoro quotidiano. Nascono così i sanatori, strutture solitamente esposte a sud, costruite in località climaticamente favorevoli, spesso circondate da boschi di conifere come in questo specifico caso.

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Tornassimo indietro nel tempo potremmo facilmente vedere interminabili file di pazienti di bianco vestiti, sdraiati sulle terrazze, esposti al sole come lenzuola ormai stinte. Del resto, per salvarsi dalla TBC non v’era altra ricetta prima della messa a punto degli antibiotici – per i quali dobbiamo attendere gli anni ’50, per non dire i ’60 se vogliamo parlare di una terapia consolidata.

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Il Sanatorio Popolare Umberto I fu realizzato tra il 1905 e 1910 dall’Opera Pia Sanatori Popolari di Milano che, grazie all’azione di sensibilizzazione del dottor Francesco Gatti – un vero luminare del tempo – decise la costruzione e la messa in esercizio di un Sanatorio popolare nella pineta di Prasomaso, a nord di Sondrio.
L’Umberto I – progettato quasi gratuitamente ad opera degli architetti Brioschi e Giachi – fu inaugurato il 29 luglio 1910 e divenne operativo dal successivo mese di agosto; si componeva di un edificio principale con la funzione propria di sanatorio, caratterizzato da un impianto simmetrico sviluppato per tre piani fuori terra ed uno seminterrato, coadiuvato da edifici di servizio minori – teatro, chiesa, portineria ecc.

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Venne ampliato due volte nella seconda metà degli anni Venti: la prima espansione comportò la costruzione di un nuovo livello di verande, la seconda la costruzione di un nuovo padiglione denominato “Sanatorio Giulia Gatti Rogorini”. Quest’ultimo divenne operativo dal 1929, era riservato a bambini e ragazzi di età non inferiore ai quattro anni e non superiore ai sedici. Nel 1977 l’Umberto I chiuse i battenti, ormai inutile con la sua immensa mole all’esercizio di una terapia profondamente cambiata, eseguibile senza ricovero, in day hospital se non addirittura a casa propria.

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Purtroppo nel caso di Prasomaso come di molte altre strutture sanatoriali pensare un recupero è piuttosto difficile. In primis parliamo sempre di strutture di dimensioni enormi, progettate per ospitare un numero di persone ad oggi impensabile per qualsivoglia attività che non implichi una – grandissima – affluenza turistica.

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Ora l’Umberto I è una gigantesca ombra sulla montagna. Nel corso degli anni sono stati asportati i materiali di pregio, rimangono enormi stanze vuote e tanto vento che entra dai vetri rotti ad accogliere chi vi si avventura. Quasi tutti voi che state leggendo avete avuto un conoscente, un parente, un amico che ha trascorso un periodo della propria vita in sanatorio.

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Di un luogo come questo si potrebbe dipingere un ritratto illuminista o scattare una fotografia a tinte fosche: la verità di un sanatorio è tale solo per chi l’ha vissuto sulla propria pelle. Per alcuni luogo di rinascita, di incontro, di socializzazione… per altri tetra prigione, simbolo di lancinante nostalgia, solitudine, talvolta persino abuso. Qui ci sono i sommersi e i salvati, si potrebbe dire. Per qualcuno il ricordo dei giorni trascorsi lontano da una vita di fatiche e stenti è ancora oggi fonte di un sorriso; altri visi si rabbuiano ripensandosi corpi inermi nelle mani di chi in fondo non padroneggiava alcuna scienza.

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Eppure tra queste mura sono nate amicizie profonde, talvolta amori che durano ancora oggi. Ci sono medici ed infermieri/e che hanno creduto con benevolente fiducia nell’efficacia dello strumento sanatorio. Ci sono politiche che ne hanno fatto un vanto, nonché un programma effettivamente realizzato – è il caso del fascismo, che si occupò della costruzione di moltissimi sanatori sul territorio nazionale. Ci sono preti che ivi trascorrevano le proprie giornate, a celebrar messe nelle chiese di cui praticamente tutte queste strutture erano dotate.

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Ci sono persone del luogo, panettieri, maniscalchi, calzolai, lattai… che ricordano com’era mescolarsi con un’umanità tanto variopinta, sebbene con le dovute attenzioni a causa del possibile contagio. Abitanti di un piccolo paesino sperduto in Valtellina, che si sono ritrovati ad essere protagonisti o quanto meno attori di un progetto molto più grande di loro. E ne hanno egregiamente fatto parte, in quanto in fondo cosa è un progetto se non l’insieme delle persone che lo pongono in essere?

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I sanatori hanno fatto tanto, nel bene – e qualcuno aggiungerebbe anche nel male, ma forse son voci meno numerose delle prime. I sanatori sono stati strumenti, anche se oramai superati, di quel benessere che l’uomo ha tentato nella sua lunga storia di garantire ai propri simili… e come tali andrebbero quanto meno studiati, raccontati, palesati. Invece muoiono così, dimenticati tra i rovi e le macerie, nel disinteresse generale che ricopre tutto quanto non occorre più. Sic transit gloria mundi.

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16 pensieri riguardo “La Valtellina dimenticata: il sanatorio di Prasomaso.

  1. Ci sono stata due volte. In autunno dove il degrado pare accentuato. Ma questo luogo mantiene una sorta di “vita” sua. Ho trovato in terra registri su cui annotati i pranzi giornalieri col numero dei commensali .. matrici di biglietti dell’autobus…la chiesetta abbandonata, i padiglioni vuoti, le scale cui hanno tolto i marmi… Ma comunque ho percepito le “storie”, le “vite” che questo luogo ha ospitato…

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    1. Sono un sopravvissuto della tbc, da Canzo Como a 17 anni sono stato spedito al sanatorio di Prasomaso Sondrio ci sono rimasto circa 6 mesi poi come un pacco postale trasferito al sanatorio Eugenio Morelli di Sondalo, in totale un intero anno, e stata dura era appena iniziata l’estate il primo amore, di colpo la mia vita e cambiata, ho perso tutto, nessuno dei miei familiari e venuto mai a trovarmi, la mia colpa scoprire che mia madre aveva un amante altra storia. l’unica visita per il mio compleanno 18 è stata la ragazza che frequentavo, incontro di pochi secondi sia lei che sua sorella avevano paura del contagio, non la rividi mai più, sono uscito da sondalo cambiato arrabbiato col mondo intero, sono stati mesi difficili, ancora oggi porto le ferite di quegli anni. in quel frangente di vita ho incontrato persone di ogni età arrivate da ogni parte d’Italia. solo due persone hanno catturato la mia attenzione un avvocato di Milano i suoi hobby chitarra e pittura , purtroppo l’hanno portato via con la camicia di forza, ho sofferto molto, l’altro un pianista genovese, ancora oggi dipingo e suono il piano per merito loro, questo è stato l’unica luce di speranza. mi fermo qui altrimenti piango sono nato il 26 gennaio 1954….grazie ciao

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  2. IO ci sono stato da ammalato a 16 anni tra il 1968 e il 69
    Per me un esperienza da ricordare mi ha fatto crescere ,fare amicizie che ancora durano dopo 50 anni
    E anche aprezzare chi era lontano che mai mi ha fatto mancare l affetto , non passava un giorno che non ricevessi lettere o cartoline da amici e parenti Si sono stato fortunato e guarito bene grazie Praso

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    1. Ciao ragazzi io sono Carlo conosco Prasomaso per averci passato 6 mesi in cura, dal ottobre 1956 ad aprile 1957 avevo appena 5 anni essendo nato a novembre 51 …
      Ho pochissimi ricordi, sono passati quasi 70anni, ma ricordo ancora le grandi camere dove erano disposti tutti i letti in riga per tutta la camerata lunga 40/50 mt. Almeno sembrava così lunga, a 5 anni le misure sono amplificate ma erano enormi.
      E ricordo anche le terrazze altrettanto lunghe dove ci mettevano a dormire per respirare l’aria piena di ossigeno per aiutarci a guarire dalle nostre malattie.
      Oltre alle grandi sale dove giocavamo e ci rincorrevamo, anch’io ho un ricordo chiaro sul fatto che ogni giorno era diverso che no ci si annoiava anche se per un bambino della mia età la mancanza dei genitori era pesante e forse questo sacrificio sia di noi bambini ma anche dei nostri genitori ci hanno fatto crescere più forti e decisi oltre che essere guariti ed essere cresciuti forti dentro e fuori.
      Purtroppo non ho ricordi di coetanei con cui sicuramente passavo le giornate e di questo sono molto dispiaciuto …!
      Spero che chi ha passato un periodo a Prasomaso in cura sia diventata una persona sensibile e caratterialmente forte … auguro a tutti una vita piena di salute e gioie.
      Un caro saluto ..!
      Carlo

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  3. Sono nato nel 1994, troppo tardi per conoscere lo splendore di questo luogo, ma ci sono molto legato, ed è un vero dispiacere vederlo peggiorare di anno in anno. Intorno al 2007 ci andavo spesso, con mio nonno, che mi raccontava e mi spiegava a cosa servissero le varie stanze, apparecchiature, ecc. Allora era ancora in buono stato, più o meno ovviamente, ma si poteva ancora salire i vari piani dell’edificio principale. Grazie mille per la condivisione 😀
    Riccardo

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  4. Ho ritrovato un bellissimo album fotografico del sanatorio di Prasomaso, pubblicato penso nel 1938. Apparteneva al mio bisnonno Prof. Costanzo Zenoni, anatomopatologo. Una struttura bellissima e all’avanguardia per l’epoca. Grazie per queste importanti informazioni!

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  5. Praso mi ha ridato la vita,un grande amore durato 60 anni,amandomi sino all’ultimo istante della sua vita. La sua dolcezza e delicatezza le espresse con una commovente poesia in una notte di gennaio del 1962, che ancore oggi conservo logorata dal tempo. DIO MIO QUANTO MI HA DATO PRASOMASO. Ringrazio il signore di avermi dato la TBC e la possibilità di conoscere una persona così speciale. Grazie GIANCA ti amerò sempre❤
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  6. Ho capito che al mondo sei solo, quando a 17 anni abbandonato a Prasomaso, ho meditato che non potevo più tornare a casa, cosi è stato, Mi sono iscritto ad un corso professionale di elettrotecnica organizzato dalla regione Lombardia a Milano, ci sono rimasto due anni, non avevo voglia di studiare, però mi offrivano vitto e alloggio, un disastro, anche li gente di igni genere, se qualcuno vuole aiutarmi a scrivere un libro ne sarei grato…. Potrei cominciare a raccontare di me quando ne avevo 12 poi a 15….una sofferenza dietro laltra, non è stato facile vivere con una madre puttana e un padre ubriacone… Scusatemi ho bisogno di sfogarmi… Un saluto agli amici di Prasomaso e Sondalo… Chissa forse qualcuno c’è ancora….se mi legge capirà il mio soprannome Frank…

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  7. Io ci sono stata con mio fratello avevo 3anni lui 5,,,,, la nostra mamma era in sanatorio a bg e noi a praso maso x 12 mesi negli anni 60 ho rivisto il posto anni dopo era tutto distrutto però mi ha emozionato tanto

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  8. Sono andato alla ricerca di questo luogo Prasomaso, ove mia madre all’età di nove anni ha trascorso un intero anno tra il 1951 e 1952 in questa struttura, perchè affetta da una forma di malattia polmonare. I suoi racconti coincidono con quelli dei commenti in bacheca, i lunghi periodi trascorsi nelle verande per respirare aria salubre, i refettori ove consumavano i pasti, le camerate condivise con altre ragazzine coetanee, ma sopratutto la mancanza dell’affetto dei propri familiari lontani. Ricordi comunque sereni trascorsi nella lettura di libri.
    Infine al termine della permanenza, la guarigione, il ritorno a scuola e alla vita di tutti i giorni nella nostra città, Osimo. Ho voluto esprimere i suoi ricordi di un mondo ormai lontanissimo dalla nostra immaginazione.

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